Questo Blog nasce con l'intento di promuovere e difendere il diritto alla vita di ogni essere umano dal concepimento alla morte naturale, come fondamento di tutti i diritti umani e quindi della democrazia e, già ampiamente, di dibattere i temi della ricerca scientifica per quanto attiene alle ricadute sulla vita dell’uomo e della società.



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martedì 9 dicembre 2008

Un Elevato esempio di Sovranità


Il Granduca Enrico di Lussemburgo ha annunciato il 2 dicembre 2008 il suo rifiuto di promulgare la legge che legalizza l’eutanasia e il suicidio assistito nel suo Paese.Quest’atto dimostra un grande coraggio politico, poiché “il Granduca si gioca la corona”, come già affermano alcuni media francesi.In effetti, il Primo Ministro Junker prevede una revisione della Costituzione per evitare d’ora in poi ogni opposizione del Principe.Il Lussemburgo è sull’orlo di una grave crisi istituzionale, che non permetterà di risolvere il problema dell’eutanasia.Un Capo dello Stato capace di agire secondo la sua coscienza e in ottemperanza alla sua fede è degno della più grande ammirazione.Aderendo a questo gruppo e diffondendo il più possibile questa causa, noi desideriamo mostrargli il nostro sostegno, coscienti che il rifiuto di questa legge sarebbe un segno di Speranza per tutta l’Europa.Continuiamo quindi a promuovere la vita fino al suo termine naturale e a difendere attivamente le nostre convinzioni!

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mercoledì 3 dicembre 2008

"Ho incontrato Eluana"



Oltre agli occhi la bocca di Eluana è in costante movimento. La sua lingua sembra frugare per cercare un posto dove fermarsi. A un angolo della bocca. Tra i denti, sul palato. E dalla sua gola esce un antolo discreto. Che a volte assomiglia a un borbottio. Quasi un bla-bla di neonato. Ma anche in questo caso i medici anno assicurato che non si tratta di nessuna manifestazione correlabile a uno stimolo esterno. Né a una volontà comunicativa. Oltre agli occhi e alla bocca Eluana è da sedici anni immobile. Pietrificata. Accudita dalle amorevoli attenzioni delle suore misericordine, che cercano di evitarle in ogni modo le piaghe da decubito. Al mattino Eluana apre gli occhi e inizia a macinare gorgoglii. Ma per il resto è come una statua. Che alla sera cessa anche queste minime attività.Così l’ho vista quasi cinque anni fa al secondo piano della casa di cura di Lecco. La stessa dove nacque. Dove emise i primi borbottii, così simili e così diversi da quelli che oggi le escono di bocca. Vorrei dire che l’ho incontrata. Ma non riesco a usare quel verbo. Mi viene da dire che l’ho vista, denunciando un approccio voyeuristico che non ho ancora del tutto ammesso con me stesso.L’ho vista. Come si vede una persona da un buco della serratura. Senza essere visti a propria volta. L’ho spiata da un mondo che lei sembrava non abitare più del tutto. Se non fosse stato per quegli occhi, quella bocca. Quei rantoli. E per quella salute di ferro. In sedici anni mai un farmaco, mai un’aspirina. Solo quel sondino che un paio di volte al giorno le veniva infilato dal naso fino allo stomaco. Per nutrirla. Non contro la sua volontà, ma in assenza di sua volontà. Come accade a tanti handicappati gravissimi che popolano le vite di famiglie devastate dal dolore. Come accade a tanti giovani e anziani incapaci di vivere e spesso incapaci di relazioni positive con il mondo che sta loro attorno. Sì, costoro deglutiscono.
Eluana non deglutisce. Il cibo glielo si deve depositare direttamente nello stomaco. Poi lo digerisce. E nel frattempo respira senza bisogno di macchine o di artifici di alcun genere. La medicina ha decretato la diagnosi di stato vegetativo permanente. Coma? Sì, nel senso di uno stato vegetativo; una condizione vitale – si badi bene, si tratta di una condizione vitale – paragonabile a quella di un vegetale. Cioè incapace di relazione attiva con il mondo esterno. O è il mondo esterno che non è attrezzato a un rapporto con le persone in questo stato? Non è una domanda retorica, o ad effetto. Sì, perché lo stato vegetativo permanente è quello di tutti coloro che hanno avuto i cosiddetti “risvegli”. La letteratura clinica è ricca di casi di uomini e donne che dopo periodi di “coma” come Eluana si sono incredibilmente risvegliati. Cioè hanno ripreso un contatto “interattivo” con il nostro mondo. Ma non è dato sapere “se” questo possa accadere. Né tantomeno è ipotizzabile immaginare “quando”.Era stato il signor Peppino Englaro a invitarmi quasi cinque anni fa a vedere (incontrare?) la figlia Eluana. Lui era convinto che avrei cambiato opinione. Gli avrei dato ragione. Non è stato così. Era la metà di dicembre del 2003. Dopo l’ennesimo ricorso alla magistratura i giornali si occuparono del “caso”, mescolando spesso sciocchezze, superficialità e improvvisazione scientifica. A Lecco, dove lavoravo allora, riprese una sopita polemica tra chi vedeva nel signor Englaro una vittima di una medicina e di una giustizia “ingiuste”, “disumane”, e chi meno esplicitamente lo considerava un incredibile e spietato padre privo di compassione per la figlia. La vita della figlia, di Eluana, sembrava solo un accidente nella tragica e disperata battaglia del padre. La condizione vitale di Eluana sembrava sfuggire ai più. Nelle cronache dei giornali la si indicava come una “cosa” appesa alla vita per il tramite di qualche macchinario sofisticato. Al contrario c’era chi favoleggiava che sarebbe bastato un po’ più di comprensione, di visite, di massaggi, di carezze, di parole, di tutto quell’armamentario della speranza contro ogni speranza, per poterla alla fine rivedere muovere un mignolo, un sopracciglio. La voglia del miracolo è nemica della vita, talvolta, tanto quanto l’incapacità di vederlo, il miracolo.Di lì, ecco la curiosità. Il voyeurismo giornalistico di poter vedere, senza intermediari. Senza racconti di terzi. E l’ncrollabile convinzione di papà Peppino che sarebbe bastato vedere per poter farmi evitare il verbo incontrare. Mi accompagnò sulle scale. Al secondo piano a destra. Poi mi guidò in fondo al corridoio a sinistra. L’ultima camera. Un piccolo vano all’ingresso. Poi la stanza con il letto di Eluana, accanto alla finestra che dà sulla piazza alle spalle della chiesa di San Niccolò. Due suore amorevoli e più che discrete. Silenziose e compassionevoli tanto con Eluana che con il papà. Lui, Peppino, capì che non aveva trovato un alleato nella sua battaglia. Io non seppi dire, né allora né oggi se avevo "incontrato” Eluana Englaro. L’avevo vista. E certamente avevo visto il suo mistero vitale. Tanto simile a quello di mia zia Alda, che vidi da bambino in un ospizio per vecchi incapaci di intendere e di volere. Nutrita a forza. Spesso contro la sua volontà. Eluana non aveva più volontà, come purtroppo mi è accaduto di vedere in forme diverse in tanti altri ragazzi. E non solo ragazzi. Il mistero della sua vita dovrebbe consistere nell’assenza di peristalsi? Nella sua incapacità di chiedere cibo? E di deglutirlo?Io mi fermo alle domande. Quelle che mi porto ormai chiarissime da cinque anni a questa parte. La tragedia di papà Peppino e di sua moglie non mi convinse delle loro ragioni. Da allora l’evidenza vitale di Eluana consiste per me nel ricordo di quegli occhi spalancati nel vuoto e in quella bocca in perenne borbottio. In quel cuore che continuava a battere senza aiuti meccanici, in quei polmoni che continuavano a ventilare un corpo insensibile, immobile, sospeso in una condizione irraggiungibile. Lì per me incominciava il suo mistero, in verità molto simile al mio.
di Marco Barbieri

Rifiuto del trattamento sanitario - Documento del CNB

Il Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB) ha approvato il parere Rifiuto e rinuncia consapevole al trattamento sanitario nella relazione paziente-medico.
Ecco il testo, pubblicato il 24 ottobre 2008.

Una legge sul fine vita “al di là di ogni visione ideologica”

ROMA, lunedì, 1 dicembre 2008 (ZENIT.org).- La ricerca nell’ambito delle biotecnologie è in costante evoluzione, pertanto l’etica laica e quella cattolica devono dare una risposta convincente in materia. La tematica è stata affrontata da monsignor Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia per la vita e rettore della Pontificia Università Lateranense, il 27 novembre scorso, durante la lezione inaugurale del master in Bioetica dell’Ateneo Pontificio “Regina Apostolorum” (APRA).
La prolusione di monsignor Fisichella è stata introdotta dal rettore dell'APRA, padre Pedro Barrajon LC e da padre Gonzalo Miranda LC, già decano della Facoltà di Bioetica dello stesso ateneo. Entrambi hanno sottolineato l’importanza di conciliare “l’indubbio valore della scienza con il rispetto della vita umana”, considerato che la bioetica non è più ormai un argomento di mera discussione accademica ma un tema che prende animo “nelle piazze e tra la gente”.
Fisichella ha esordito richiamandosi al dibattito in corso sul testamento biologico e sulle problematiche etiche legate alla fine della vita. “Ci auguriamo – ha detto – una legge sul fine vita, il più possibile partecipata da tutto il parlamento, indipendentemente dall’essere laici o cattolici”.
Tale legge, secondo il presidente della Pontificia Accademia per la Vita, “dovrebbe riguardare la dignità di ogni persona nel momento decisivo della propria esistenza”. Fisichella ha inoltre auspicato che la normativa “vada al di là di ogni visione ideologica, e sappia puntare al bene di tutti”.
Il teologo ha poi fatto riferimento alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (di cui quest’anno ricorre il sessantesimo anniversario) e del rischio di una deformazione del concetto di diritto naturale. “Papa Benedetto XVI – ha affermato Fisichella – ha sottolineato che, di decade in decade, si celebra l’anniversario di questa conquista dell’umanità, con il rischio di cadere nella retorica”.
“I diritti dell’uomo vanno riempiti dello spirito del tempo – ha aggiunto – e riletti alla luce del progresso scientifico e culturale. Le tecnologie rivoluzionarie che si sono sviluppate negli ultimi anni provocano domande di natura etica. Penso alla clonazione, al genoma umano, agli organismi geneticamente modificati, alla sperimentazione selvaggia sulle cellule umane”.
“Oggi – ha proseguito Fisichella – si è arrivati al paradosso che molti governi occidentali rivendicano nuovi diritti individuali, indicandoli come progresso ed evoluzione della società, e sono carenti, invece, in fatto di solidarietà verso i paesi in via di sviluppo dove diritti fondamentali come il nutrimento, la sanità e l’istruzione sono calpestati”.
Altro diritto costantemente violato è quello della libertà religiosa, come testimonia “l’assordante silenzio delle organizzazioni internazionali sul massacro dei cristiani nel mondo”, ha aggiunto il rettore della Pontificia Università Lateranense. “I nostri ordinamenti pretendono di soddisfare i desideri prima ancora delle esigenze fondamentali. In questo modo il confine tra diritto e prepotenza diventa molto labile”.
“Vivendo chiusi nella rivendicazione dei nostri diritti non andremo lontano – ha detto ancora Fisichella –. Si rende necessaria l’apertura alla trascendenza, ovvero riconoscere nell’altro la nostra stessa dignità, insieme alla centralità della persona umana”.
Altro principio da rivalutare è la legge naturale, la quale “non è un principio cattolico ma la maturazione della legge umana stessa. Già Cicerone affermava che la legge naturale non può essere abrogata dalle leggi umane e l’uomo che disobbedisce alla legge di natura ‘fugge da se stesso’ e si auto rinnega. Essa è stata concessa da Dio all’umanità come segno del suo amore”.
Interpellato sul testamento biologico, Fisichella ha affermato che, contrariamente a quanto affermava Heiddeger (“vivere è per morire”), “l’esistenza è finalizzata alla vita, quindi la richiesta di mettere fine alla propria vita non è una manifestazione di libertà. Ogni ordinamento giuridico dovrebbe essere fatto per difendere la vita, non per concedere il diritto alla morte: d’altra parte il nostro codice penale condanna il suicidio”.
Dal tema del testamento biologico, Fisichella ha tratto lo spunto per parlare del caso di Eluana Englaro, lamentando la disinformazione in merito. A differenza di Piergiorgio Welby, Eluana non è una malata terminale, “respira da sola, non è attaccata ad alcuna macchina, si addormenta la sera e si risveglia la mattina; probabilmente sogna”.
Nonostante ciò c’è chi chiede erroneamente di “staccare la spina” e “c’è chi parla di lei come un ‘sacco di patate’, come ho letto su un quotidiano nazionale”, ha affermato Fisichella. “Il problema non è il sondino, bensì cosa le metti nel sondino: se sono medicine è accanimento terapeutico, ma visto che le si dà solo da mangiare e da bere, non possiamo parlare di terapia”.
Per valutare tecnicamente la sussistenza, o meno, dell’accanimento terapeutico, dal punto di vista medico “bisogna capire o valutare se la cura è proporzionale allo stato di salute del paziente”, ha precisato Fisichella.
Sempre in merito al caso Welby, la “strumentalizzazione politica” ha portato ad esprimere “un giudizio riguardo la liceità del suicidio e dell’eutanasia come diritto di una persona che lo Stato doveva riconoscere”, ha poi concluso.

Mons. Fisichella - 27 novembre 2008

17:02 - CASO ENGLARO: MONS. FISICHELLA, "UNA LEGGE SUL FINE VITA AL DI LÀ DI VISIONI IDEOLOGICHE" "Ci auguriamo una legge sul fine vita il più possibile partecipata da tutto il Parlamento, indipendentemente dall'essere laici o cattolici". Lo ha detto mons. Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, inaugurando oggi il Master in Bioetica dell'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum. "I problemi della bioetica sono sul tavolo di molti parlamenti - ha ricordato il relatore - non solo in Italia, dove si sta preparando una legge che regoli la fine della vita, che dovrebbe riguardare la dignità di ogni persona nel momento decisivo della propria esistenza". L'auspicio di mons. Fisichella è che la legge sul fine vita "vada al di là di ogni visione ideologica, e sappia puntare al bene di tutti". Interpellato sul testamento biologico, l'esponente vaticano lo ha definito "una provocazione a porsi di fronte al problema della fine della propria vita". Se, però, ha spiegato, "è un diritto della persona poter esprimere la propria volontà, non è un atto libero quello di dover domandare un atto di eutanasia".
17:25 - CASO ENGLARO: MONS. FISICHELLA, "UNA LEGGE SUL FINE VITA AL DI LÀ DI VISIONI IDEOLOGICHE" (2) Riferendosi, poi, specificatamente al caso Englaro, mons. Fisichella ha invitato a chiedersi "quale informazione" venga data dai media: "La gente - ha osservato il relatore - dice 'staccategli la spina' perché ha ancora davanti agli occhi il caso Welby. Ma Eluana respira da sola, non è attaccata a nessuna macchina, si addormenta la sera e si risveglia la mattina, probabilmente sogna. Eppure c'è chi parla di lei come 'un sacco di patate', come ho letto su un grande quotidiano nazionale". Come altre tremila persone in Italia, inoltre, Eluana viene nutrita attraverso un sondino: "Certo che è un'azione chirurgica - ha detto mons. Fisichella - ma il problema non è il sondino, bensì cosa gli metti nel sondino: se sono medicine è accanimento terapeutico, ma visto che gli si dà solo da mangiare e da bere, non possiamo parlare di terapia". Soffermandosi ancora sulla differenza tra il caso Welby e il caso Englaro, il vescovo ha ricordato che quello di Welby "era un caso già di un malato terminale, e in questi casi dal punto di vista medico bisogna capire e valutare se la cura è proporzionale allo stato di salute del paziente o se si tratta di un accanimento terapeutico". L'altra questione, sempre per il caso Welby, riguarda per mons. Fisichella "la strumentalizzazione politica: si è voluto in tutti i modi esprimere un giudizio riguardo alla liceità del suicidio, e dell'eutanasia come diritto di una persona che lo Stato doveva riconoscere".

Manifestazioni spontanee

di Antonio Gaspari
ROMA, domenica, 23 novembre 2008 (ZENIT.org).- Dopo la sentenza della Cassazione che autorizza la sospensione dell'alimentazione e dell'idratazione di Eluana Englaro, in tutta Italia si moltiplicano le veglie, i digiuni, gli interventi, le azioni legislative e le manifestazioni spontanee per impedire che la ragazza venga uccisa. In una veglia di preghiera svoltasi giovedì 20 novembre a Firenze, l'Arcivescovo, monsignor Giuseppe Betori, ha detto che "non è ragionevole che la vita che palpita in questa giovane sia spezzata per mano dell'uomo".Di fronte a oltre cinquecento fedeli riuniti in preghiera nella basilica della Santissima Annunziata, riferendosi ad Eluana monsignor Betori ha sottolineato che "il rispetto, l'attenzione e l'amore per la vita dell'uomo non può conoscere eccezioni", perché, "se così fosse, si aprirebbe la strada alla più iniqua forma di discriminazione, quella basata sulla condizione psicofisica e sulle capacità della persona". "La vita di Eluana - ha sottolineato l'Arcivescovo di Firenze - è un bene, un bene prezioso che Dio le ha donato e di cui tutti noi siamo partecipi, perché della stessa vita noi viviamo".Monsignor Betori ha rilevato che ci sono state epoche in cui venivano giustificati la schiavitù, l'infanticidio. l'emarginazione o la soppressione dei malati mentali, ma è evidente che si tratta di "barbarie o di una compressione dei diritti umani che non vorremmo rieditare". Tra i movimenti ecclesiali, il presidente nazionale dell'Azione Cattolica, Franco Miano, ha chiesto sulle pagine di Avvenire di "pregare per Eluana, non come fuga ai problemi, ma come occasione per evitare chiacchiere vane e per tornare all'essenziale". A Lecco il Movimento per la Vita Ambrosiano, con l'adesione del Forum delle Associazioni Familiari della Lombardia, l'Associazione Nuove Onde - Giovani Famiglia Persona e Vita e del Centro Cattolico San Benedetto, ha manifestato la propria solidarietà recitando un rosario di fronte alla clinica in cui Eluana viene accudita dalla suore misericordine. Sempre a Lecco, è intervenuto il presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, don Julián Carrón, il quale ha spiegato che la "la vita non può essere misurata secondo parametri esclusivamente biologici, sociologici o psicologici, perché non ci facciamo da soli, siamo voluti da un Altro, per questo siamo invitati a riconoscere il Mistero più grande".A Forlì cinquanta associazioni appartenenti alla Consulta delle Aggregazioni laicali cattoliche e degli organismi socio-assistenziali della Diocesi ha respinto la proposta di alcuni esponenti dei Verdi e dei Repubblicani che nel consiglio comunale avevano proposto che "Eluana venga a morire a Forlì". In un documento, le 50 associazioni hanno scritto che "la vita costruisce la civiltà e non la morte", spiegando come "il diritto alla vita è il primo essenziale bene dell'essere umano, un bene per sua natura indisponibile, per la persona stessa che ne è titolare e a maggior ragione per qualsiasi altra persona che si trovi in relazione".Il documento si conclude sottolineando che "nella nostra terra di Romagna, in cui si accomuna da sempre una tradizione religiosa e laica di ospitalità ed accoglienza, siamo addolorati che qualche esponente politico arrivi ad offrire la morte come gesto di ospitalità e accoglienza, quando invece esistono tante capillari testimonianze di servizio alla vita e di umana solidarietà". Franco Previte, presidente dell'associazione "Cristiani per servire" (http://digilander.libero.it/cristianiperservire), si dice molto preoccupato per come la magistratura ha trattato il caso Englaro, perché questo significa "considerare senza valore la vita umana".Previte si chiede cosa potrebbe accadere se la stessa metodologia utilizzata con Eluana verrà applicata "alle persone anziane, non autosufficienti, malati psico-fisici o terminali, tutti uniti in un unico abbraccio della sofferenza e che per i meno sensibili sono considerati un fardello di persone inutili". Secondo il presidente di "Cristiani per servire", alcune argomentazioni in difesa della qualità della vita "potrebbero nascondere un disegno di selezione del genere umano, in quanto con la scusa di lenire un dolore si potrebbe arrivare ad annientare chi veramente soffre o che potrebbe soffrire una volta venuto al mondo". Forte anche il tam-tam in rete: "Più voce" (http://www.piuvoce.net/newsite/) ha fatto uno speciale raccogliendo oltre trenta interventi sulla vicenda Englaro, tra cui quelli del professor Francesco D'Agostino, presidente dell'Unione dei Giuristi Cattolici; della professoressa Maria Luisa di Pietro, presidente dell'Associazione Scienza & Vita; di Franco Miano, presidente nazionale dell'Azione Cattolica; Eugenia Roccella, sottosegretario al Welfare; Luisa Bianconi, senatrice della Pdl, relatrice di una proposta di legge contro l'eutanasia; dell'onorevole dell'Udc Luisa Capitanio Santolini, membro della Commissione Cultura e Commissione Infanzia della Camera dei Deputati; dell'onorevole Paola Binetti, psicoterapeuta e medico chirurgo, oltre a innumerevoli lettere di lettori che sostengono la difesa della vita di Eluana. Su Facebook Emmanuele Di Leo, presidente di Scienza e Vita di Latina, ha aperto due gruppi sulla vicenda Englaro, con il titolo "Eluana Englaro: una vita degna" e 1700 persone iscritte. Un altro sito su Facebook dal titolo "Non nel mio nome, Eluana vive ancora" ha raccolto in poche ore 265 iscritti. A Roma il Movimento per la Vita ha annunciato la "staffetta del digiuno", un appello di sensibilizzazione per denunciare la profonda ingiustizia della sentenza a morte per fame e per sete inflitta a Eluana e per avviare ogni possibile azione per impedirne l'esecuzione. La staffetta coinvolgerà ogni giorno un Municipio di Roma.Sul fronte legislativo, trentaquattro associazioni italiane hanno presentato un ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo per chiedere la sospensione della sentenza della Cassazione. I legali Rosaria Elefante e Alfredo Granata, per conto di Vive onlus, Federazione nazionale associazioni trauma cranico e Rete, e in rappresentanza delle 34 associazioni, ha presentato un ricorso alla Corte di Strasburgo sui diritti umani per violazione della Carta dei diritti dell'uomo, della convenzione di Oviedo del 1997 sui diritti dell'uomo e la biomedicina e della convenzione ONU del 2006 sui disabili.Rosaria Elefante ha sottolineato che il ricorso "è espressione di un interesse collettivo e viene promosso perché non si aprano le porte a forme di eugenetica. Si tratta di un'azione a tutela anche di tutte le famiglie che hanno un congiunto in stato vegetativo". Innumerevoli anche gli interventi dei Vescovi in favore della vita di Eluana. Il presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il Cardinale Angelo Bagnasco, a margine dell'inaugurazione dell'anno accademico dell'Università Europea di Roma ha ribadito che "idratazione e alimentazione non possono essere considerate terapie mediche". Monsignor Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, ha rinnovato la speranza di un ripensamento che permetta a Eluana Englaro di vivere. Monsignor Mauro Parmeggiani, Vescovo di Tivoli, ha chiesto: "Come fare a non vedere in questa triste decisione una tendenza a considerare l'uomo come un oggetto più che un soggetto al quale dare il meglio che possiamo e dobbiamo dare?" In un messaggio diffuso in tutte le parrocchie, il Vescovo di Chiavari, monsignor Alberto Tanasini, ha scritto: "Di fronte a Eluana siamo tutti chiamati a ravvivare o a ritrovare il valore della vita umana, specie quando questa vita è resa ancora più preziosa dalla sua fragilità ed è quindi affidata alla nostra custodia". A Chiavari i fedeli, insieme alle preghiere e alle veglie, hanno raccolto bottigliette d'acqua di fronte alla Cattedrale sotto la statua di Giovanni Paolo II. A Lecco il Vescovo monsignor Franco Cecchin ha guidato sabato 22 novembre la preghiera per Eluana al santuario della Vittoria.Monsignor Diego Coletti, Vescovo di Como, ha spiegato con apprensione che "la vicenda di Eluana, suo malgrado, rischia di funzionare come un grimaldello che incrina la cultura dell'amore e del rispetto della vita. E che rende assopite le nostre coscienze proprio laddove la vigilanza dovrebbe essere massima".

E' così che hanno ucciso Terry

Molti ricorderanno il caso di Terri Schiavo, una donna cerebrolesa morta di fame e di sete per decisione dei giudici della Florida, che hanno lasciato il diritto di vita o di morte nelle mani di suo marito. Un caso diverso da quello di Eluana ma da un punto di vista medico una situazione simile: come Eluana, Terri non era malata ma disabile. Respirava da sola, il cuore batteva da solo, reagiva agli stimoli, sorrideva, baciava. Questa è una sintesi, tradotta da Alessandra Nucci, della testimonianza del sacerdote che l'ha assistita nelle ultime ore di vita.Ero al capezzale di Terri Schiavo durante le ultime 14 ore della sua vita terrena, fino a cinque minuti prima della sua morte. Le ho detto tante volte che aveva tanti amici nel mondo e molti pregavano per lei ed erano dalla sua parte. Le avevo detto le stesse cose durante le mie visite nei mesi prima che le fosse tolto il sondino dell'alimentazione, e sono convinto che abbia capito. Conoscevo la famiglia di Terri da circa sei anni e mi hanno messo sull'elenco dei visitatori. Terri era in un ospizio ma fuori dalla porta c'erano dei poliziotti. Se non fossi stato sulla lista non avrei potuto oltrepassare quelle guardie armate perché l'elenco veniva tenuto molto breve e molto molto controllato. Perché? Perché i fautori dell'eutanasia dovevano riuscire a dire che Terri era una persona che non rispondeva ed era in una specie di stato vegetativo, coma o altra terminologia che vogliono usare per suggerire che non aveva alcuna reazione affatto. L'unico modo di provare che invece rispondeva era di vederla con i propri occhi.Sono andato da lei nel settembre 2004 e poi ancora nel febbraio 2005. Quando la mamma mi presentò, lei mi fissò intensamente. Concentrò lo sguardo. Puntava gli occhi su chiunque le stesse parlando. Se qualcuno le parlava dall'altra parte della stanza girava la testa e gli occhi verso la persona che le stava parlando.Sapete cosa hanno avuto il coraggio di dire certi dottori a questo riguardo? "Sono solo delle reazioni inconsapevoli, dei riflessi". Curioso: è esattamente la stessa cosa che dicono del bambino non nato del video "L'urlo silenzioso", quando il bambino apre la bocca e cerca di allontanarsi dallo strumento che sta per distruggerlo.Io ho detto a Terri che c'erano molte persone nel Paese e nel mondo che le vogliono bene e pregano per lei. Mi ha guardato con attenzione. Le ho detto "Adesso Terri, preghiamo insieme, voglio darti una benedizione, diciamo delle preghiere." E allora ho messo la mano sulla sua testa. Lei ha chiuso gli occhi. Io ho detto la preghiera. lei ha riaperto gli occhi alla fine della preghiera. Suo padre si è chinato su di lei e ha detto, "OK Terri, ecco il solletico," perché lui ha i baffi. Lei rideva e sorrideva e poi vedevo che contraccambiava il bacio. La sua mamma a un certo punto le ha fatto una domanda e io ho sentito la voce di Terri. Cercava di rispondere. Faceva dei suoni in risposta alla domanda della mamma, non a caso in momenti insignificanti. L'ho sentita cercare di dire qualcosa ma non riuscire, a causa della sua disabilità, a formulare le parole. Quindi reagiva.Ora, la sera prima di morire ero nella stanza probabilmente per un totale di 3-4 ore, e poi per un'altra ora la mattina dopo - la sua ultima ora.Descrivere il suo aspetto come "sereno" significa distorcere completamente quello che ho visto io. Qui c'era una persona che da tredici giorni non aveva né cibo né acqua. Era, come potete immaginare, di aspetto molto tirato rispetto a quando l'avevo vista prima. Aveva gli occhi aperti ma andavano da una parte all'altra, oscillavano costantemente avanti e indietro, avanti e indietro. Lo sguardo (l'ho fissata per tre ore e mezzo) lo posso descrivere solo come un misto di paura e tristezza... una combinazione di tremenda paura e tristezza.Aveva la bocca sempre aperta. Sembrava congelata. Ansimava a boccate rapide. Non era "serena" in alcun senso. Ansimava come se avesse appena corso cento miglia. Ma era un respiro superficiale. Suo fratello Bobby era seduto dirimpetto a me, dall'altra parte del letto. La testa di Terri era in mezzo a noi e sua sorella Suzanne era alla mia sinistra. Siamo stati lì per un po’ di tempo in preghiera intensa. E abbiamo parlato con Terri, esortandola ad affidarsi completamente al Salvatore. Le ho assicurato continuamente che aveva l'amore e le preghiere di tanta gente.Ma insieme a Bobby e a sua sorella e Terri stessa, sapete chi altro c'era nella stanza con noi? Un poliziotto. Sempre. Almeno uno. A volte due. A volte tre poliziotti armati erano nella stanza. Sapete perché erano lì? Per assicurarsi che non facessimo nulla di proibito, come darle la comunione o magari un bicchier d'acqua. Quando a volte Bobby, seduto dall'altra parte del letto, si alzava di tanto in tanto per chinarsi su sua sorella, il poliziotto si spostava. Andava verso il fondo del letto per vedere quello che stava facendo. La mattina della sua morte siamo entrati piuttosto presto e dovevo uscire per un'intervista.Per essere puntuale tenevo in mano un piccolo orologio e all'inizio della visita me lo sono messo nella mano sinistra, poi mi sono chinato sopra Terri e ho allungato la mano destra per benedirla. Cominciando a pregare ho chiuso gli occhi e mi sono sentito picchiettare sulla mano sinistra. Era il poliziotto che voleva sapere "Padre, cos'ha nella mano?" Io ho risposto, "E' solo un orologio." E lui: "Dovrò tenerlo io mentre lei è qui." Non potevamo tenere in mano niente. Non sapeva neanche cosa fosse. Magari stavo cercando di darle la comunione. Magari avrei cercato di inumidirle le labbra. Chissà quale terribile cosa stavo per fare? Sapete qual era il colmo? Nella stanza c'era un comodino. Potevo mettere una mano sul comodino e sulla testa di Terri senza spostarmi. Sapete cosa c'era sul comodino? Un vaso di fiori pieno d'acqua. Guardavo i fiori. Erano bellissimi. E ce n'era un altro dall'altra parte della stanza ai piedi del letto. Due bellissimi mazzi di fiori pieni d'acqua. Nutriti, vivi, bellissimi. Quei fiori venivano trattati meglio di Terri.Coloro che hanno ucciso Terri si sono molto arrabbiati che la notte prima che morisse io abbia dichiarato che suo marito Michael, il suo avvocato, Felos, e il giudice Greer erano assassini. Ho anche sottolineato, quella sera e la mattina dopo, che contrariamente alla descrizione di Felos, la morte di Terri non è stata affatto dolce e bella. E' stata orribile. In tutti i miei sedici anni di sacerdozio non avevo mai visto nulla di simile.
PADRE FRANK PAVONE