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lunedì 26 aprile 2010

Nasce Biomedi@ alla Regina Apostolorum: per una corretta informazione nei mass media


di: Emmanuele Di Leo

Un’occasione per riflettere sul ruolo dei mass media nel fare informazione. Lo scorso 25 marzo, presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum di Roma (Upra), si è svolto un seminario indirizzato a giornalisti, informatori, bioeticisti. Durante l’incontro è stato presentato al pubblico “Biomedi@”, il gruppo di ricerca e di lavoro nato all’interno della Facoltà di Bioetica dello stesso ateneo. Due gli ambiti privilegiati di Biomedi@: la comunicazione e la bioetica, un binomio estremamente attuale, ma anche problematico. Siccome i media parlano spesso di temi inerenti alla bioetica, ma lo fanno con modalità e contenuti non sempre opportuni, la finalità del gruppo è quella di capire le ragioni di tanta diversità fra una testata giornalistica e l’altra, in modo da migliorare la comunicazione di argomenti che richiedono la massima precisione. Dopo il saluto del decano della Facoltà di Bioetica, Padre Victor Pajares, che ha sottolineato come “La tematica del convegno è importante, specialmente nella società odierna, dove i mass media sono per la gente uno dei punti di riferimento principale per l’informazione” è seguita la presentazione del gruppo Bioemedi@ da parte del suo direttore, Padre Gonzalo Miranda (nella foto), già decano della Facoltà.

“Il gruppo Biomedi@ nasce dall’intuizione che la comunicazione sia un campo molto interessante per i bioeticisti, che non possono essere estranei ad una corretta comunicazione: sia in relazione a come la bioetica è comunicata dai mass media, sia nel senso di come i bioeticisti possano, e debbano, ricorrere ai mezzi di comunicazione in maniera efficace”, ha spiegato Miranda. Purtroppo tante volte leggiamo informazioni inesatte in materia di bioetica, specialmente per quanto riguarda la terminologia utilizzata.

“Questo diventa un grande problema quando si parla di approfondimenti, notizie, dibattiti su tematiche delicate come quelle che vengono affrontate dalla bioetica, che tratta di vita e di morte, di salute, di dignità umana, del concetto stesso di essere umano”, ha ribadito Miranda.

Si tratta quindi di una materia, quella studiata dalla bioetica, molto delicata, sia per la persona, sia per tutta la società. “E’ quindi essenziale che chi comunica argomenti di bioetica sia preparato anche nella materia bioetica. Uno dei problemi principali del comunicatore scientifico è quello di essere preparato, e competente, anche di bioetica”, ha precisato padre Miranda, sottolineando la necessità che “Sia sempre presente il senso di responsabilità nella coscienza del giornalista, il quale deve essere consapevole che la comunicazione non è un gioco. Molte volte si tratta di approfondimenti che possono cambiare la vita delle persone, e che sono responsabili di portare a determinate decisioni, magari sbagliate perché l’informazione è stata data male o addirittura non data”.

Ha preso poi parola Luisella Daziano - direttore de Il Giornale di Bioetica e firma di Avvenire - che ha spiegato la nascita, nel giugno del 2009, del gruppo di lavoro Biomedi@ e della sua missione. “L’idea di Biomedi@ nasce da una semplice domanda, ossia, dove sta andando l’etica della comunicazione e dell’informazione?”, ha raccontato Daziano ai numerosi presenti, precisando che “Il ruolo della bioetica nei mass media è molto complesso. La bioetica è trattata poco, o poco e male, o in maniera specialistica”.

L’ampia tematica della bioetica, se comunicata soltanto in maniera tecnicistica rischia di non essere compresa, essendo peraltro un linguaggio specifico con contenuti che stanno a cavallo tra la Medicina, il Diritto, la Filosofia, l’Antropologia. Per far fronte a tale problema, il gruppo ha voluto individuare una metodologia per analizzare e studiare i testi, l’impaginazione, i titoli le didascalie, e tutto quello che fa la pagina, il giornale. «Abbiamo avuto l’idea di dividerci in sottogruppi di lavoro, per meglio monitorare la realtà raccontata dai maggiori quotidiani italiani ed esteri”, ha puntualizzato Daziano, che ha poi sintetizzato gli obiettivi del gruppo: “Valorizzare a pieno il ruolo e le responsabilità dei media nel campo specifico della bioetica; interloquire con il mondo dei comunicatori per aiutare loro a riflettere sulla responsabilità, e per tentare di migliorare il loro servizio alla società; analizzare criticamente i punti positivi o negativi di come i media operano”.

Biomedi@ ha inoltre realizzato, insieme alla Facoltà di Bioetica, uno specifico Corso di Formazione dal titolo “Bioetica e Comunicazione, la sfida del nuovo millennio”, che si svolgerà dal 28 giugno al 9 luglio 2010 presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum.

Il corso si suddividerà in due moduli tematici, uno di bioetica e uno di comunicazione. Saranno creati dei laboratori di lavoro sulle seguenti aree: stampa, pubblicità, comunicazione oratoria, cinema, internet. I laboratori saranno fondamentali per apprendere, in concreto, le maggiori aree di lavoro della comunicazione, e per sperimentarle in prima persona. Il corso, precisiamolo, non sarà diretto solo ai giornalisti ed ai comunicatori, ma anche a coloro che sono impegnati nel mondo pro life. L’obiettivo del corso è di far emergere una metodologia efficace di comunicazione a tutti i corsisti.

“Non è importante solo denunciare che qualcosa avviene, ma è importante anche offrire un metodo critico per sollecitare le persone a sviluppare un’analisi critica”, ha ribadito il direttore de Il Giornale di Bioetica.

Nella cascata di notizie che ogni giorno ci arrivano non è semplice riuscire a riconoscere l’informazione veritiera. Per riuscire in questo intento Biomedi@ cercherà di offrire ai corsisti una metodologia efficace, per una lettura critica dell’informazione a mezzo stampa. Nel realizzare tutto questo i membri del gruppo stanno ultimando un database che contiene, e analizza, articoli provenienti dalle principali testate giornalistiche, italiane ed estere, su varie tematiche bioetiche. Ad oggi il database contiene più di mille articoli. Ogni ricercatore di Biomedi@ ha un tema e una testata specifica da monitorare, in maniera tale che durante il corso potrà interpretare il modus operandi, quindi lo spirito della testa, lo stile editoriale.

“Vale a dire come una testata si rapporta alle varie tematiche bioetiche, e come, su uno specifico argomento, ad esempio la fecondazione assistita, quella testata si differenzia dalle altre”, ha spiegato Daziano.

Il data-base è già pubblico e si può trovare al seguente link: http://www.uprait.org/index.php?option=com_chronoconnectivity&Itemid=330〈=it

All’evento ha preso parte anche il sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella (nella foto). L’onorevole, venendo dal mondo del giornalismo, ha offerto la sua esperienza di comunicatrice, iniziando a ricordare una delle sue esperienze di comunicazione giornalistica più rilevante, ossia quella sul farmaco abortivo RU486.

Come ha afferma il sottosegretario “Per fare una buona comunicazione serve aver bene in mente la mappa geografica della comunicazione. Ad oggi è presente una forte ideologizzazione nell’ambito dei mezzi di comunicazione, in particolare sui giornali. Non sempre è chiaro che tipo di politica stiano facendo alcuni organi di stampa. Spesso i giornali si mostrano moderati in alcuni campi, ma schierati in ambito politico o viceversa. Quindi è importante che quando si fruisce di una informazione si sappia dove si sta andando, e chi sono i protagonisti”.

La Roccella ha poi fatto l’esempio del prof. Umberto Veronesi, spiegando che: “Il professore ha recentemente speso la sua autorità scientifica sulla pillola RU486 e sull’aborto, pur non essendo il suo campo specifico di studio, ed altrettanto ha fatto per un ambito nel quale non è specialista, ovvero sugli stati vegetativi, dicendo cose alquanto scorrette, non scientificamente vere”.

Il sottosegretario ha ulteriormente precisato: “Nel caso della RU486 si continua a dire – anche Veronesi l’ha detto - che è un metodo meno invasivo, e che la donna soffre meno abortendo così. Per quanto riguarda gli stati vegetativi, credo che in Italia Veronesi sia rimasto l’unico che continua ad usare la definizione di ‘stato vegetativo permanente’, benché tutta la comunità scientifica l’abbia abbandonato da tempo. Ormai si preferisce parlare solo di stato vegetativo senza dare la definizione di ‘persistente’ o ‘permanente’, perché in realtà si sa pochissimo sulla sua effettiva durata”.

L’esempio della Roccella è stato utile, ed estremamente apprezzato dalla platea, per mettere in risalto il fatto che “Come spesso accade, anche autorità scientifiche spendano la propria autorevolezza per far passare un messaggio che è scientificamente sbagliato”. Infatti “La RU486 è un metodo molto doloroso, che procura un piccolo parto, provocando delle contrazioni uterine molto dolorose che espellono l’embrione, con avventi avversi”, ha precisato Roccella, spiegando inoltre che “In molti protocolli clinici si propongano anti dolorifici di routine, e questa procedura indica che non è certamente un metodo indolore, per no parlare poi del tasso di mortalità dieci volte più elevato del metodo chirurgico”.

Il sottosegretario ha inoltre fatto notare come la comunicazione abbia influenzato l’opinione sul tema della RU486. “La pillola abortiva, essendo stata descritta come un metodo di automedicazione, un gesto semplice da compiersi a casa, un gesto che tutti possono fare molto semplicemente, ha veicolato l’idea, distorta, che il metodo farmacologico sia esente da sofferenza e trauma”, ha dichiarato la Roccella.

Dalla giornata di studio alla Pontificia Regina Apostolorum è dunque emerso che “La bioetica non si può associare ad una informazione scientifica scorretta: chiarezza di concetti, esattezza dei contenuti e proprietà di linguaggio innanzi tutto!”. Per evitare inganni ed imbrogli, che possono danneggiare in maniera irreparabile la dignità umana, c’è assoluto bisogno di chiarezza e di un’informazione scientifica corretta. «Tutti gli equivoci etici nascono da una comunicazione scientifica appiattita sulle ideologie, orientata da meccanismi di lobby su un mercato globale di farmaci, brevetti, carriere, investimenti pubblici e privati. Tutto questo forma un potere che orienta la comunicazione, anche al di là della politica”, ha affermato il sottosegretario Roccella in chiusura della giornata Biomedi@.

sabato 24 aprile 2010

SimonEthica, un percorso etico per nuovi modelli d'impresa



di Emmanuele Di Leo

ROMA, aprile 2010 (ZENIT.org).- "Le prassi manageriali di domani dovranno concentrarsi sul conseguimento di obiettivi nobili e socialmente rilevanti". Così si evince dal Manifesto proposto da Gary Hamel, professore alla London Businnes School: "Fare in modo che il management serva per un fine più elevato".
Partendo da questa considerazione, il libro SimonEthica (Eurispes&Link, 2010), tramite il suo autore, Francesco Pastore, propone una nuova visione d'impresa come stimolo allo stato attuale di atrofizzazione del management e delle sue teorie che mostrano tutti i limiti di una mancata innovazione culturale.

Pastore, per molti anni Partner di una delle maggiori società leader globale della consulenza, docente universitario e fondatore nel 2008 del "Laboratorio Etico d'Impresa", società che si occupa delle tematiche di Corporate Governance e Business Ethics, propone un modello di azienda perfettamente capace di esercitare un forte autocontrollo qualitativo e quantitativo.

L'autore di SimonEthica afferma che "essendo il futuro sempre meno prevedibile, è necessario anche puntare ad organizzazioni con un anima e con un cuore pulsante dove la ricchezza del capitale umano, che oggi non sembra rientrare nella hit parade del pensiero degli economisti, potrebbe rappresentare la vera differenza di domani e la base giusta per una necessaria semplificazione dell'architettura complessiva di controllo interno aziendale".

In questi ultimi anni il termine etica appare inflazionato: si moltiplicano i convegni, gli incontri tematici, gli approcci e le metodologie in tema di "Responsabilità Sociale" dove, la parola "etica" può addirittura avere un contenuto ideologicamente discriminatorio, lasciando intendere che non sarebbero etiche le iniziative che non si fregiassero formalmente di questa qualifica.

Da qui il "Simon" del titolo, che riprende il concetto di simonia. Infatti tale termine, che risale ad epoche medioevali, è ancora oggi presente nel tessuto societario. Quindi, il manager si rivolge al "valutatore" etico per l'attribuzione del "rating" etico inteso come panacea, quasi scudo protettivo, a fronte di ogni rischio reputazionale anche quando, a volte, la realtà aziendale nella prospettiva del comportamento etico può essere diversa. Quando ciò si verifica viene generata una situazione che si è definita sinteticamente "SimonEthica" ossia il "peccato" di voler acquistare uno status etico per la propria azienda pretendendo di comprare la rispettabilità tramite un bollino.

"Ethica", che volutamente esposta nel titolo del libro, in latino, sta a simboleggiare una tendenza importante che si va manifestando in questi ultimi anni: il ritorno ai "fondamentali" e, conseguentemente, ai valori come vero asse portante di quel movimento di rinascita culturale che guarda in maniera critica ma costruttiva, i concetti basilari su cui operano l'impresa, il mercato, la finanza ed il mondo dei controlli.

Questo libro, concepito a metà tra un saggio ed un testo in materia di business ethics, vuole stimolare una profonda riflessione da cui può scaturire un modo diverso di pensare e vedere le cose.

Nella prefazione a SimonEthica, l'Arcivescovo di Trieste, mons. Giampaolo Crepaldi, afferma: "occorre riprendere un cammino di formazione ed educazione delle persone alle virtù morali ed intellettuali proponendo, come suggerisce anche la Caritas in veritate, una nuova visione dell'attività imprenditoriale, in continuità con quanto già affermato dalla Centesimus annus di Giovanni Paolo II e liberandola dalla apparente contrapposizione profit/non profit".

"La proposta di un vero e proprio percorso etico per l'azienda, ispirato dall'autore, si pone in sintonia con il concetto di una nuova democrazia d'impresa, che sia orientato ad integrare realmente l'etica nei comportamenti e nell'agire quotidiano riconoscendo il pericolo dell'ideologia tecnocratica come forma di totalitarismo che tenta 'di sradicare il bisogno di Dio, dal cuore dell'uomo'", sottolinea il presule.

mercoledì 21 aprile 2010

Benedetto XVI, la bioetica e le critiche


di Renzo Puccetti*


ROMA, domenica, 18 aprile 2010 (ZENIT.org).- Oggi è il giorno in cui ho trovato il tempo per leggere la lettera aperta rivolta al Santo Padre da parte del teologo Hans Küng,[1] secondo cui l’attuale pontificato si caratterizzerebbe «per non avere saputo cogliere una serie di opportunità». Nel testo il teologo svizzero ne elenca undici. Chi scrive non ha competenze specifiche per verificare la fondatezza di ciascuno di essi, è possibile che alcuni elementi si possano trarre leggendo l’omelia che il Papa ha pronunciato nella Messa celebrata oggi a Malta,[2] ma due punti sollevati da Küng hanno però forti implicazioni bioetiche; immagino che prenderli in esame, seppure in maniera non certo esaustiva, possa interessare i lettori di questa rubrica.

Nel primo di questi si sostiene la opportunità di aiutare le popolazioni dell’Africa sollevandole dal peso della sovrappopolazione e dal flagello dell’AIDS assecondando la contraccezione e l’uso del preservativo.

Su questo punto l’argomentazione sembra svilupparsi partendo da una prospettiva proporzionalistica; il bene o il male di un’azione deriverebbe da una ponderazione delle conseguenze. Tale prospettiva non certo nuova e di cui si riconoscono peraltro numerose varianti, non perché è sostenuta da Küng esime dai problemi e garantisce dal commettere azioni immorali. Chi stabilisce i criteri di utilità? Come sono valutate le conseguenze? Chi le verifica? Sono tutte prevedibili? È stato osservato che il proporzionalismo, facendo l’uomo responsabile di tutto, finisce per farlo diventare responsabile di niente. Come potrebbe rispondere infatti il proporzionalista e quindi in definitiva lo stesso Hans Küng, a quei medici che dalla sbarra del tribunale di Norimberga si fossero giustificati adducendo la loro buona intenzione quando sottoponevano i prigionieri agli esperimenti di congelamento e di decompressione? Non agivano forse nell’interesse dei piloti della Luftwaffe ed in definitiva dell’intero popolo tedesco che aveva un interesse a vincere la guerra?[3] Una tale prospettiva, al fine, finisce per ridurre l’azione malvagia ad un semplice errore di calcolo. Attenzione non si dice qui che contraccezione ed esperimenti sugli ebrei siano la stessa cosa, una tale lettura del concetto da me espresso sarebbe talmente rozza da non meritare alcun commento, ma si vuole fare riflettere sui limiti della teoria proporzionalista.[4] Ma diamo per scontato che tale impostazione sia accettabile e seguiamo il teologo dissidente.

Vi sono robuste evidenze che la diffusione della contraccezione porti ad una riduzione del tasso di fertilità nei paesi in via di sviluppo.[5] Molto meno evidente che la riduzione della popolazione porti a benefici in termini economici. Se quindi lo sviluppo economico viene preso come unico indicatore del benessere di una popolazione, allora la pretesa di dettare l’agenda da parte di Küng comincia ad avere dei guai. A tale proposito riporto quanto affermato da Luca Molinas, dottorando presso la facoltà di Scienze Economiche “La Sapienza”: «In sostanza il mondo accademico è totalmente diviso ed in disaccordo sulla relazione tra crescita della popolazione e sviluppo economico nei paesi in via di sviluppo».[6] Lo stesso autore conclude affermando: «Lo studio comparativo sulle politiche demografiche in Cina ed in India dimostra che l’approccio neomaltusiano esce sostanzialmente sconfitto nel dibattito». Ma la contraccezione non ha soltanto effetti in termini di popolazione. Se il teologo considerasse ad esempio gli studi in proposito del nobel per l’economia Gorge Akerlof se ne potrebbe facilmente rendere conto. Una delle conseguenze indirette individuate da Akerlof è quella, ad esempio, dell’incremento dei bambini costretti a crescere con un solo genitore. Ora il guaio è che Küng sembra rinvenire nella contraccezione proprietà quasi taumaturgiche. Quando egli accusa infatti di “rigorismo impietoso” il Magistero, egli cita tutta una serie di questioni come la contraccezione, l’inseminazione artificiale, l’aborto, la diagnosi pre-natale, l’eutanasia, quali esempi di “estremismo fanatico”.[7] Lo “zelo antimodernista” della Chiesa finirebbe addirittura per incoraggiare l’aborto attraverso la proibizione della contraccezione. Il professor Küng non ce ne voglia, ma il suo concetto di modernità ci ricorda quello di Cristiane, la protagonista del film “Good Bye Lenin!” , che, risvegliatasi dopo un coma protratto stenta ad adattarsi ai cambiamenti che hanno fatto seguito al crollo del comunismo. Allo stesso modo il prof. Küng sembra riproporre riflessioni etiche che potevano avere una qualche verosimiglianza qualche decennio fa.

Presentarsi con una tale teoria al premio Ig Nobel assicurerebbe ottime probabilità di vittoria; è piuttosto difficile infatti pensare che una persona ubbidisca al Papa per quanto riguarda la contraccezione, ma contravvenga al suo insegnamento sull’aborto. Si dà il caso peraltro che il sottoscritto abbia da poco pubblicato uno studio che fa piazza pulita dell’idea che la diffusione della contraccezione in una popolazione riduca il ricorso all’aborto.[8] Contra factum non valet argumentum. Il teologo casca male anche quando accusa il Papa sulla questione del preservativo e l’AIDS. Verrebbe da ripetere la risposta di Apelle di Coo al ciabattino a noi tramandata: “Sutor, ne ultra crepidam!”. Se egli infatti è così ansioso di riconciliare la religione con la scienza moderna, siamo certi che trarrebbe vantaggio dallo studio della letteratura scientifica prima di aprire bocca su argomenti da cui la sua statura intellettuale guadagna quando sta zitto. Abbiamo pubblicato da poco un piccolo libro proprio su questo argomento che in modo facile, facile potrà aiutarlo a comprendere che la sua posizione è sbagliata e che quando il Papa afferma che la distribuzione di preservativi aumenta il problema, egli ha ragione.[9] L’ennesima conferma deriva da uno studio svolto in Kenya da poco pubblicato che mostra come la conoscenza tra i giovani che il condom protegge dall’AIDS si associa ad una maggiore promiscuità sessuale.[10]

Quando il teologo parla di «una pianificazione famigliare ragionevole, così come una contraccezione ragionevole»,[11] lontano dall’offrire qualche risposta, sembra piuttosto più simile ad uno che brancola nel buio, ma vuole indicare la strada ai passanti.

La seconda questione sollevata da Küng nella sua lettera aperta sarebbe la mancata riconciliazione con la scienza moderna attraverso il riconoscimento «senza ambiguità» della teoria dell’evoluzione e «aderendo, seppure con le debite differenziazioni, alle nuove prospettive della ricerca, ad esempio sulle cellule staminali».

Ora, che quella che lui stesso riconosce come teoria, cioè terreno soggetto ad una continua rivalutazione scientifica, debba essere materia che impegna quello stesso Magistero di cui egli disconosce la infallibilità in materia di fede e di morale,[12] è espressione di un contorsionismo logico davvero ammirevole. Quando poi il professore cita quale esempio la questione della ricerca sulle cellule staminali è quanto meno impreciso. Egli infatti omette di ricordare che la Chiesa è favorevoli a tutte le forme di ricerca mediante cellule staminali che non implichino la distruzione di embrioni, considerati degni di rispetto al pari delle persone. Se ad un tale tipo di ricerca il teologo è favorevole, allora egli non potrà che prendere atto che la sua prospettiva accetta la sacrificabilità di alcuni esseri umani per il tornaconto di altri. Questo, depurato dagli aspetti circostanziali, è quanto accomuna infatti aborto e sperimentazione su cellule staminali embrionali: sopprimere lecitamente e legalmente esseri umani piccoli, piccoli, assolutamente indifesi, privi di qualsiasi colpa se non quella di esistere, esseri umani con caratteristiche che tutti noi abbiamo condiviso, perché qualcun altro ha deciso che ciò è utile. Basta toglierli l’umano di cui sono portatori, non più esseri umani viventi, ma ovuli fecondati, zigoti, blastocisti, embrioni, feti. Che arma potente il linguaggio! Se governi le parole puoi cambiare il mondo senza che questi se ne accorga. In tale esercizio si erano cimentati con eccellenti risultati anche nel campo di Dachau dove l’uomo era abolito e si sperimentava su versuchspersonen (soggetti permanenti da esperimento).[13]

La filantropia del prof. Hans Küng, se non preoccupasse per la presa mediatica, mi sembrerebbe più patetica che pericolosa.

[1] Hans Küng. Benedetto XVI ha fallito i cattolici perdono la fiducia. La Repubblica, 15 Aprile 2010. (http://www.repubblica.it/esteri/2010/04/15/news/hans_kung-3359034/)

[2] Benedetto XVI. Omelia del 18 Aprile 2010. (http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/homilies/2010/documents/hf_ben-xvi_hom_20100418_floriana_it.html)

[3] cfr. Gli esperimenti "medici" nei campi di concentramento nazisti. (http://www.olokaustos.org/argomenti/esperimenti/medexp01.htm)

[4] Le teorie teleologiche sono chiaramente respinte dal Magistero (vd. N. 79 Veritatis Splendor).

[5] John Bongaarts and Elof Johansson. Future Trends in Contraceptive Prevalence and Method Mix in the Developing World. Studies in Family Planning. 2002; 33(1): 24-36.

[6] http://w3.uniroma1.it/secis/Molinas.ppt#3

[7] Hans Küng. A global ethic for global politics and economics. P. 135.

[8] Puccetti R, Di Pietro ML, Costigliola V, Frigerio L. Prevenzione dell’aborto in occidente: quanto conta la contraccezione? Italian Journal of Gynaecology & Obstetrics 2009: 21(3): 164-78.

[9] Cesare Cavoni, Renzo Puccetti. Il Papa ha ragione! L’AIDS non si ferma con il condom. Fede & Cultura Ed. 2010.

[10] Chiao C, Mishra V. Trends in primary and secondary abstinence among Kenyan youth. AIDS Care. 2009; 21(7): 881-92.

[11] Hans Küng. Il viaggio del Papa in Africa? Un’occasione sprecata. Euronews 2010.

[12] Hans Küng. Infallibile? Una domanda. Queriniana Edizioni, 1970.

[13] Luciano Sterpellone. Le cavie dei lager: gli esperimenti medici delle SS. Mursia Editore, 2005. p.11.

* Il dottor Renzo Puccetti è specialista in Medicina Interna e segretario del Comitato “Scienza & Vita” di Pisa-Livorno.