Questo Blog nasce con l'intento di promuovere e difendere il diritto alla vita di ogni essere umano dal concepimento alla morte naturale, come fondamento di tutti i diritti umani e quindi della democrazia e, già ampiamente, di dibattere i temi della ricerca scientifica per quanto attiene alle ricadute sulla vita dell’uomo e della società.



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lunedì 14 maggio 2007

"Scienza & Vita di Latina", la tutela della famiglia contro i Dico


L'Associazione sostiene con fermezza la cellula di organizzazione sociale.


Un tempo quando si parlava di "famiglia" subito veniva in mente quella rassicurante immagine del focolare domestico con madre, padre e prole al seguito.
Oggi si è perso il senso profondo di questa parola.
Basta guardare la televisione, seguire i dibattiti politici per capire che la confusione dilaga, l'inganno che cammina sul filo della terminologia è all'ordine del giorno.
La radice del dibattito sta proprio qui... semplicemente nel ricordare che la famiglia rappresenta una prima cellula di organizzazione sociale che mira a soddisfare due esigenze imprescindibili: assicurare una procreazione socialmente ordinata, indispensabile per la formazione delle nuove generazioni e per la stessa sopravvivenza dell’umanità; tutelare i soggetti meno protetti, come i figli e il coniuge più debole.

Oggi tale nucleo viene messo in forse dalla tendenza ideologica, sempre più diffusa, a relativizzare il senso delle conquiste di libertà e civiltà fin qui conseguite, e a completare l’opera di destrutturazione del quadro sociale che le ha rese possibili. Tendenza che proviene dal seno stesso della nostra cultura mascherata da una sempre più frenetica "ricerca di libertà personale, anche nel campo della sessualità”.

E tutto ciò, in Italia, è sfociato in quel progetto di legge denominato “Dico”, una soluzione pasticciata e ibrida, tale da generare un surrogato di famiglia che sul versante delle coppie omosessuali non trova giustificazione, e che su quello delle coppie eterosessuali fa concorrenza alla famiglia fondata sul matrimonio anche soltanto civile, indebolendo piuttosto che rafforzando il contesto sociale nel quale si formano i nuovi individui.

La sopravvivenza della famiglia, dunque, non può riguardare solo i cattolici. Essa spetta a tutti quanti siano consapevoli del contributo che essa ha dato all’allargamento della libertà individuale e alla dignità della persona umana, e di quanto queste conquiste, nel nuovo secolo, appaiano precarie e in pericolo.


Associazione Scienza & Vita di Latina

sabato 12 maggio 2007

FAMILY DAY: LA PIAZZA DEGLI ITALIANI CHE AMANO LA FAMIGLIA.

Il 12 maggio a Roma ci ritroveremo tutti, laici e cattolici, credenti e non credenti, che amiamo la famiglia fondata sul matrimonio.
E’ la famiglia che la Costituzione Italiana riconosce, tutela e promuove: l’unione stabile di un uomo e di una donna, aperta all’accoglienza dei figli.

La famiglia è un bene umano fondamentale dal quale dipendono l’entità e il futuro delle persone e della comunità sociale. Aiutiamo i giovani nel loro progetto di famiglia. Per questo sollecitiamo il Parlamento a mettersi in ascolto di quel popolo che, da Piazza S. Giovanni, chiederà politiche familiari audaci, impegnative e durature. Quel popolo che inviterà tutti a non indebolire la famiglia, attraverso il riconoscimento pubblico delle unioni di fatto.

Il nostro è un grande Sì alla famiglia che, siamo certi, incontra la ragione e il cuore degli italiani.

A tutti voi, giovani e adulti, uomini e donne, e soprattutto ai vostri carissimi bambini, assicuriamo che sarà anche una grande festa. Non mancheranno i sorrisi, i colori e la musica di chi sa gioire insieme.



N.B. i punti 1 e 2 evidenziati in rosso sulla mappa è dove sarà presente Scienza & Vita.



Info:

scienza.vita.latina@gmail.com

piufamiglia@forumfamiglie.org



http://www.forumfamiglie.org/

venerdì 11 maggio 2007

Scienza e Vita di Latina per la difesa della Famiglia contro i Dico

Un tempo quando si parlava di "famiglia" subito veniva in mente quella rassicurante immagine del focolare domestico con madre, padre e prole al seguito.Oggi si è perso il senso profondo di questa parola.Basta guardare la televisione, seguire i dibattiti politici per capire che la confusione dilaga, l'inganno che cammina sul filo della terminologia è all'ordine del giorno.La radice del dibattito sta proprio qui... semplicemente nel ricordare che la famiglia rappresenta una prima cellula di organizzazione sociale che mira a soddisfare due esigenze imprescindibili: assicurare una procreazione socialmente ordinata, indispensabile per la formazione delle nuove generazioni e per la stessa sopravvivenza dell'umanità; tutelare i soggetti meno protetti, come i figli e il coniuge più debole. Oggi tale nucleo viene messo in forse dalla tendenza ideologica, sempre più diffusa, a relativizzare il senso delle conquiste di libertà e civiltà fin qui conseguite, e a completare l'opera di destrutturazione del quadro sociale che le ha rese possibili. Tendenza che proviene dal seno stesso della nostra cultura mascherata da una sempre più frenetica "ricerca di libertà personale, anche nel campo della sessualità. E tutto ciò, in Italia, è sfociato in quel progetto di legge denominato "Dico", una soluzione pasticciata e ibrida, tale da generare un surrogato di famiglia che sul versante delle coppie omosessuali non trova giustificazione, e che su quello delle coppie eterosessuali fa concorrenza alla famiglia fondata sul matrimonio anche soltanto civile, indebolendo piuttosto che rafforzando il contesto sociale nel quale si formano i nuovi individui. La sopravvivenza della famiglia, dunque, non può riguardare solo i cattolici. Essa spetta a tutti quanti siano consapevoli del contributo che essa ha dato all'allargamento della libertà individuale e alla dignità della persona umana, e di quanto queste conquiste, nel nuovo secolo, appaiano precarie e in pericolo.

Scienza & Vita di Latina

Fonte: Il Territorio

martedì 8 maggio 2007

L'Associazione Scienza & Vita, La Facoltà di Bioetica U.P.R.A. e La Quercia Millenaria organizzano:

Giornata di Studio

Quando il figlio è terminale.

  • 17 MAGGIO 2007


    Scienza, Bioetica e Famiglia
    di fronte alle proposte di eutanasia
    prenatale e pediatrica


    Ore 15.00:

    Ateneo Pontificio
    Regina Apostolorum


    Facoltà di Bioetica

    Via degli Aldobrandeschi, 190 - 00163 Roma


    INTERVENTI:

  • Dott. Giuliano Ferrara (Direttore del quotidiano “Il Foglio”)

  • Prof. Carlo Valerio Bellieni (Neonatologo presso il Policlinico Le Scotte – Siena)

  • Prof. Giuseppe Noia (Ginecologo e Docente di Medicina Prenatale presso Università Cattolica Sacro Cuore di Roma)

domenica 6 maggio 2007

L'ASSOCIAZIONE SCIENZA E VITA DI LATINA INCONTRA IL SINDACO DI LATINA



LATINA 2 Maggio 2007 - Si è svolto l’incontro, presso il Comune di Latina, tra il Sindaco Vincenzo Zaccheo ed il Presidente dell’Associazione Scienza & Vita di Latina, Emanuele Di Leo.
L’incontro si è basato principalmente sulla possibilità di collaborare con l’Amministrazione Comunale, nella ricerca di ipotetiche soluzioni ai problemi finora riscontrati nel nostro territorio ed alla grave disinformazione del cittadino e del singolo.Temi come quello Eutanasico, del testamento biologico, delle cure palliative e dell’aborto, sono ormai all’ordine del giorno, sapere cosa comporta prendere determinate decisioni è diventato di elevata importanza per poter assicurare il rispetto e la difesa della vita di ogni essere umano e quindi di ogni cittadino.

L’obiettivo – ha dichiarato il Presidente Di Leo – dell’Associazione Scienza & Vita di Latina viene perseguito raccogliendo e divulgando i dati scientifici di carattere medico-biologico, filosofico e giuridico, relativi all’esistenza e al senso della vita umana. Esigenze come quelle di Prendere decisioni che segneranno il proprio destino in casi estremi di impossibilità di comunicazione e di altre limitazioni, sopraggiunte da eventi imprevedibili, fanno scaturire l’esigenza di mezzi fondamentali come quello di una corretta formazione ed informazione, per farne fronte.Emanuele Di Leo riporta - Si prenda ad esempio il dibattito sull’eutanasia: vengono fatte distorsioni di definizioni come quella di Libertà e quella di Dignità che creano nella società odierna confusione e disorientamento.Oggi, nella nostra cultura sembrerebbe che l'agire liberamente viene identificato con l'agire con dignità.

Non è però la libertà che dà la dignità al comportamento umano.

E' vero sì che l'atto può essere degno della persona solo se è un atto umano, cioè libero. Ma non sempre è degno ciò che è libero. Libertà quindi, non dà la dignità alle proprie azioni. Bensì, dà la possibilità di agire in modo degno o non degno. Dunque, l'equivalenza 'morte degna'= eutanasia, perché scelta libera, è falsa. Infatti, se un soggetto chiedesse insistentemente di essere torturato, questa opzione non sarebbe opzione degna, né rispetterebbe la sua dignità, anche se la richiesta fosse del tutto libera.La vita è un bene indisponibile non solo riguardo alla vita altrui, ma prima di tutto riguardo alla propria vita, perché essa non è un 'qualcosa'. “La vita non è un oggetto. Essa è, come afferma Aristotele, 'l'essere di ciò che vive'”. Di per sé non esiste la vita; esiste l'essere vivente.

A tal punto il Sindaco Zaccheo ha voluto esprime tutto il proprio sostegno a questa causa sottolineando come il suo programma elettorale vuole valorizzare l’importanza della vita dal suo concepimento alla sua morte naturale. E preannunciando eventi di formazione ed informazione che l’Amministrazione Comunale vorrà prendere come impegno dopo le ormai prossime elezioni, in collaborazione con l’Associazione Scienza & Vita di Latina.La Sua formazione cattolica ed il Suo costante impegno in questi valori e la Sua sensibilità verso il sociale ha suscitato nell’Associazione Scienza & vita di Latina, stima e speranze in questo Sindaco, che come primo cittadino riconosce e concorda il primario obiettivo associativo, di Scienza & Vita di Latina , di formare ed informare sui temi che tutelano i diritti e la dignità umana.

L’ Ufficio Stampa di Scienza e Vita di Latina

venerdì 4 maggio 2007

IL CASO ASHLEY




Londra,
Ashley è una bambina costretta a rimanere tale per sempre.
Due anni fa i genitori hanno chiesto ai medici di interrompere la crescita della loro bimba.
Ashley infatti è affetta da "encefalopatia statica", una rara malattia, ad oggi ancora incurabile, che blocca il normale sviluppo cerebrale e che la rende incapace di camminare, parlare o deglutire. Oggi Ashley ha nove anni ma il suo sviluppo mentale è quello di un neonato di tre mesi.


I genitori, nel momento in cui Ashley ha mostrato i primi segni della pubertà, hanno deciso di mettere in pratica una terapia radicale: la rimozione dell'utero e delle ghiandole mammarie e la somministrazione di massicce dosi di estrogeni, solamente per poter migliorare la "qualità della vita" della piccola, e poterla trasportare più facilmente (infatti non crescerà oltre il metro e trenta).
La terapia, inoltre, era stata approvata dal Comitato etico dell'ospedale di Seattle (nello Stato americano di Washington) nel 2004: dato che Ashley non avrebbe mai potuto avere rapporti sessuali consenzienti, secondo il Comitato non si poteva parlare di sterilizzazione forzata. Tuttavia, la storia di Ashley non era stata resa pubblica all'epoca.
Il caso Ashley ha scatenato accese polemiche etiche negli Stati Uniti e accuse di eugenetica ai suoi genitori e ai medici che l'hanno curata (Daniel Gunther e Douglas Diekema).
L'eterna bambina è un mostro di Frankenstein del ventunesimo secolo? Una vittima inconsapevole, smembrata e sfigurata sull'altare della convenienza?
Certo è che è difficile poter stabilire se la sua vita sarà migliore da eterna bambina handicappata piuttosto che da adulta handicappata. Di sicuro i suoi problemi neurologici non spariranno!
La riflessione su questo caso porta a pensare che molto rimane ancora da fare perchè la dignità della persona sia pienamente protetta, soprattutto quando l'essere umano è particolarmente debole e non ha facoltà di parola.


L’Associazione Scienza & Vita di Latina ritiene che la vita umana in ogni suo stadio e in ogni sua condizione biologica rimane un bene fondamentale e non manipolabile, che il diritto non può rinunciare a proteggere, altrimenti l'ordinamento giuridico si trasformerebbe nella tirannia del più potente e dell'adulto a danno del più piccolo e debole. Ma un cambiamento di solo ordine legislativo non è sufficiente. E’ necessario, infatti, un cambiamento di comportamento, in quanto privo del rispetto della dignità dell’essere umano.
Oggi purtroppo l'alleanza tra democrazia consumismo e relativismo etico toglie alla convivenza civile ogni sicuro punto di riferimento morale e la priva più radicalmente del riconoscimento della verità. Perciò, afferma L’Associazione Scienza & Vita di Latina, occorre innanzitutto rispettare la dignità della vita, poiché questa non è graduabile ma uguale per ogni uomo, qualsiasi sia la sua espressione, lasciarla insomma vivere secondo le profonde leggi che fanno la sua verità. Nessuno ha diritto di fissare le soglie d'umanità di un'esistenza singolare, perchè ciò significherebbe attribuire un potere esorbitante sui propri simili.


L'Ufficio Stampa dell'Associazione Scienza & Vita di Latina

ACCOMPAGNARE LA VITA FINO ALLA MORTE


La verità è un concetto che non si lascia mai afferrare in maniera diretta, ma solo per via riflessa, di solito in maniera simbolica. Sovente la verità ci si presenta come un quid inafferrabile, suscitando un sentimento nouminoso, che aumenta in noi il desiderio insopprimibile di volerla afferrare. La realtà ultima, può essere definita come un qualcosa di accessibile, anche se spesso inesplicabile, dato che non si può facilmente dire ciò che nel nostro intimo è ignoto, anche se paradossalmente si può dire che non esiste nulla di più familiare poiché in fondo è in essa che consiste il nostro esserci fisicamente e spiritualmente.


Le rose d’Atacama sono delle piccole rose che una volta l’anno si avventurano fuori dalla terra: una sola volta l’anno, un giorno ben preciso, esse osano mostrarsi al mondo intero, ma nessuno le guarda mai, perché queste piccole rose crescono in un luogo del deserto cileno piuttosto impervio, che pochi osano affrontare. Queste rose del deserto possono ben essere una rappresentazione metaforica di tante persone che vivono gli ultimi momenti della vita nel deserto della loro solitudine. Forse qualche volta, in ospedale, in clinica, in casa, ci siamo trovati accanto a qualcuno che stava morendo, avvertendo la sensazione della fine, dove il silenzio e la solitudine oltrepassano i confini della terra e la caducità del tempo, per lasciare emergere una parola vera. Come si può d’altronde, intendere la forza, la fecondità del silenzio dell’altro, o sentire l’immensità della sua disperazione se non riusciamo più ad ascoltare il silenzio che ci abita? Solo in una fertile solitudine, quella che sconfina dalle pur gioiose compagnie e dalla prossimità dei volti familiari per scrutare ed ascoltare gli abissi del se, si può udire la voce segreta ed indescrivibile dell’agnizione, del momento in cui la sofferenza costringe l’uomo ad interrogarsi e, sola, riesce a svelarne l’aspetto più autentico. Il momento della morte non trova un suo linguaggio perché si radica nell’intimo, in quel dolore lacerante della separazione: tra la vita e la morte diventa così in primo luogo presenza e dialogo. Per avvicinarsi in questa terra priva di cittadinanza, credo sia necessaria una forma di comunicazione vera in uno scambio gratuito e necessario, un cammino di spogliazione per addentrarsi nei recessi più intimi e sconosciuti del proprio essere, rinvenibili in quella piccola isola ai confini estremi della vita per apprendere dai morenti la nostra finitudine e il dono della vita vissuta nella fraternità umana, nella solidarietà tra chi parte e chi resta. Tutto ciò può spesso suscitare, in chi abbia vissuto la morte di una persona profondamente amata, un sentimento disarmante di nostalgia e forse , a volte, di sconfitta, per non aver saputo trovare un sentiero per quel territorio e lì vivere anziché subire il morire dell’altro. La visita ad un morente può diventare così l’occasione per ritornare a se stessi, attraverso una riflessione che conduce dal pensiero alla coscienza e dal vissuto al vivente:quasi un’opportunità per risvegliarci alla totalità di noi stessi, passo quanto mai ovvio e quanto mai disatteso nell’attuale modo di intendere la sofferenza .Quanto più ci si inoltra verso i confini di questo territorio, tanto più ci si sente sollecitati a rintracciare significati esistenziali che vanno ben oltre le vie di accesso descritte dalla medicina. La morte implica un parlare a più voci, perché la morte non è un problema, è un mistero.


Si deve sottolineare che anche il momento della fine della vita, può costituire una prova particolare dell’esperienza che si fa del proprio vivere in-carnati: il corpo si sottrae alla volontà e impone la sua debolezza e la sua fragilità come vissuto dell’esistenza. L’immagine del corpo è essa stessa compromessa e rimanda al soggetto un’immagine deformata di se. Qui la pazienza, l’ascolto, la speranza della prossimità possono aiutare la persona ad abitare la propria storia senza essere invasi dalla disperazione. Se sovente oggi la morte è vissuta diversamente, è perché viene deprivata di quell’ultimo sguardo, guardata da lontano ed anche allorché si cerca di ‘patire’ la morte altrui e ci si lascia coinvolgere, questo straordinario motus animi non ci dice nulla su che cosa sia il morire, pur riuscendo appena a toccare l’esperienza vissuta della comunicazione impossibile. Non si può raffigurare la morte ma solo il morire, cioè la vita sia pure al suo limite estremo se non come atto interumano, se non come uno dei momenti più autentici di quella inevitabile polarità intersoggettiva, che rimanda alla grande incognita, scalfita nella carne stessa dell’uomo, nella costitutiva ambiguità del suo essere nel mondo.


E’ necessario avvicinarsi in modo penetrante alle soglie del mistero stesso della vita e della morte nel loro divenire, è necessario però farlo, non come neutri spettatori, ma come esseri capaci di saper contemplare con umiltà, saggezza e coraggio, in silenzioso ascolto, l’accecante luminosità che ne deriva, separando l’amorosa partecipazione dalla gelida osservazione, la carità dall’oscena indiscrezione per accompagnare il morente, in fraterna comunione, fino all’altra riva, fino alla soglia dell’inconoscibile, in quella solitudine sonora dell’ultimo respiro, subito invasa da un’immensa pace e serenità, ultima fessura… tra la vita…e la morte.


L' Ufficio Stampa dell'Associazione Scienza & Vita di Latina