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mercoledì 13 gennaio 2010

L’autodeterminazione assoluta? Non esiste.

di G.San. – Avvenire
Difesa costituzionale della vita dalla pretesa dell’autodeterminazione senza limiti. E valorizzazione del ruolo del medico – in alleanza con il paziente – senza alcun vincolo ad attuare ciò che il Codice deontologico non prevede. Questi i temi della tavola rotonda di Scienza & Vita, moderata dal portavoce Domenico Delle Foglie, il quale ha rivendicato il carattere «laico e popolare» delle proposte associative.

C’è una «potente scollatura che la ragione giuridica vive di fronte alla realtà», ha evidenziato la costituzionalista della Statale di Milano Lorenza Violini. Per la studiosa, della parola «giurisprudenza» si tende sempre più a sottolineare l’aspetto tecnico, lo «iuris», mentre viene «accantonata la prudentia». Paola Ricci Sindoni, docente di Filosofia morale all’Università di Messina, parte dalle tre visioni della salute che stanno alla base della sintesi prodotta dall’articolo 32 della Costituzione: liberale, socialista e personalista cristiana. Si assiste da parte di un «antropocentrismo liberticida» al tentativo di mutare il quadro: la libertà «è declinata come diritto ad avere diritti, e la salute viene vista come bene privato e non più sociale».

La «deriva in atto», ha sostenuto il neurologo di Udine Gianluigi Gigli, distingue vita biologica e vita buona, con il legale rappresentante che ha il diritto di dire quando è degna di essere vissuta». Trasparente il riferimento al caso Englaro, nel quale Gigli è stato – ed è ancora – in prima linea.

Anche per far sì che «non ci siano altri casi di gravi disabili» che muoiano per «abbandono terapeutico».

C’è un «limite contenutistico alla Dichiarazioni anticipate», ha detto il docente di Diritto penale alla Cattolica di Piacenza Luciano Eusebi: sta nella Convenzione di Oviedo che prevede interventi solo a «beneficio della persona». Un principio «di democrazia e uguaglianza». Ma che se sottoposto a un giudizio sulla qualità della vita non è «più un principio cardine e diventa soppesabile con altre esigenze individuali». Fino a configurare con il filosofo tedesco Böckenförde una «flessibilizzazione dei diritti fondamentali».

Sulla figura del medico, che non può essere un mero esecutore tecnico ma è sempre «un soggetto testimone del prendersi cura del malato», si è soffermato don Roberto Colombo, che dirige alla Cattolica di Milano il laboratorio di biologia molecolare. «Siamo contrari – ha concluso – a ogni forma di autodeterminazione che diventi pretesa» vincolante fino a «fare violenza al libero convincimento del medico».

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