Questo Blog nasce con l'intento di promuovere e difendere il diritto alla vita di ogni essere umano dal concepimento alla morte naturale, come fondamento di tutti i diritti umani e quindi della democrazia e, già ampiamente, di dibattere i temi della ricerca scientifica per quanto attiene alle ricadute sulla vita dell’uomo e della società.



diventa Fan su Facebook!

sabato 18 febbraio 2012

Prime riflessioni da una lettura del Libro Bianco sugli stati vegetativi e di minima coscienza

di: Mariano de Persio, Membro Consiglio Scientifico - Scienza & Vita di Latina


Alcuni passaggi del documento del gruppo di lavoro sugli stati vegetativi e di minima coscienza istituito dal Ministero della Salute rivelano come la questione sia stata affrontata con un metodo scientifico e fenomenologico esistenziale cui cercheremo di aggiungere alcune riflessioni.  Il documento raccogliendo il punto di vista delle associazioni che rappresentano i famigliari e quello di un gruppo  composto da neurologi e rianimatori, individua le “buone” pratiche e le soluzioni alle problematiche circa percorsi di cura. Scorrendo il documento si evidenzia che «Lo stato vegetativo sia diagnosticato senza connotarlo con gli aggettivi di ‘persistente’ o ‘permanente’, ma indicando la causa che lo ha determinato e la sua durata»; quando una persona in stato vegetativo «raggiunge la stabilità clinica entrando in una fase di cronicità, deve essere considerata persona con ‘gravissima disabilità» .

Niente più ‘persistente o permanente’ dunque, lo stato vegetativo sarà classificato come una ‘gravissima disabilità’, una volta raggiunta la fase di cronicità, perché non si può escludere la presenza di elementi di coscienza in questi pazienti e la possibilità di un miglioramento, «non può essere escluso un miglioramento delle funzioni cognitive, anche a distanza di molti anni dall’evento acuto». Tra l’altro, è errore comune usare indistintamente il termine coma oppure stato vegetativo; ma le due condizioni sono ben diverse.
Va sottolineato che tra stato ‘persistente o permanente’ e ‘gravissima disabilità’, c’è  una differenza di sostanza. Infatti catalogando lo stato vegetativo sotto la voce disabilità, le associazioni chiederanno che venga inserito nei livelli essenziali di assistenza (LEA).

Solo soffermandosi su questi aspetti si nota come si cerchi di muoversi senza intaccare le diverse sensibilità filosofiche e religiose. Non ci sono affermazioni forti sulla vita, ma si pone attenzione comunque alla qualità da raggiungere in ambito assistenziale, si ricercano le cause di un evento diagnosticandone gli effetti, limitando gli errori, mantenendo una permanenza nella ricerca. E soprattutto si esprime l’attenzione a coloro che hanno esperienza di famigliari in stato vegetativo. Esperienze e verità soggettive che si incontrano nella ricerca di una denominatore comune in cui potrebbe intravvedersi un barlume di oggettività.

Il documento non è stato da tutti accolto positivamente:  qualcuno si esprime contro le conclusioni del documento connotandolo come più ideologico che scientifico oltre ad affermare che sembra un'affermazione con un forte valore etico e ideologico la definizione dell'idratazione e dell'alimentazione artificiali come “cure normali” e non terapie mediche, perché la conseguenza sarebbe quella di trasformare la loro eventuale sospensione in un “abbandono assistenziale”[1]. Si potrebbe invece leggere una attenzione alla persona: la persona in stato vegetativo, la persona del famigliare, la persona dei ricercatori e medici in una prospettiva di personalismo ontologicamente fondato.

L’atteggiamento dell’uomo di fronte alla vita in ogni suo momento e in ogni situazione anche di stato vegetativo, la sua disponibilità ad accoglierla e rispettarla o, al contrario, la sua volontà di ridurla a mezzo così come egli desidera, pongono «con drammatica forza la questione fondamentale: se l’uomo sia prodotto da se stesso o se egli dipenda da Dio»[2] .


[1] http://bioeto.blogspot.com/2010/06/sullibrobiancosuglistativegetativi.html (Ult. cons. 1.XII.2010)
[2] BENEDETTO XVI, Caritas in Veritate, §§ 74.75

Nessun commento: