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venerdì 9 marzo 2012

STAMINALIA (II)

da: Neurobioetica


Continuiamo la nostra riflessione sul libro Staminalia. Le cellule «etiche» e i nemici della scienza di Armando Massarenti (Ed. Guanda, Parma 2008) che ho avuto modo di recensire per la rivista Studia Bioethica nel 2008.

Siamo sempre a pagina 5 dell’INTRODUZIONE, riprendo dal precedente articolo.

“La cautela è il primo dovere morale quando si è di fronte a un campo di ricerca come quello delle cellule staminali”, così afferma l’autore subito dopo aver chiarito l’importanza capitale di tale settore della medicina del XXI secolo. Niente di più vero: la CAUTELA quale linea guida per il bioeticista che vuole esprimere un giudizio ponderato alla luce dei fatti e non dei pregiudizi.

Peccato che le parole, “belle e sonanti” di quest’introduzione vengano smontate in modo lapidario, sia dalla copertina del libro, ma soprattutto dal contenuto dello stesso, specie nelle affermazioni di giudizio che esprime rigurado la ricerca con cellule staminali adulte ed embrionali. 

Massarenti continua dichiarando che al momento attuale (2008) questa rivoluzione scientifica della ricerca sulle cellule staminali non ha “ancora prodotto risultati tali da far toccare con mano” le grandi speranze che molti ripongono in essa.

“È da questa ragionevolezza che bisogna partire se si vuole affrontare, nella sua interezza, l’insieme delle responsabilità e dei problemi che questo tipo di ricerca pone”, ecco delineato il criterio che Masserenti utilizzerò lungo la sua esposizione: la ragionevolezza di ciò che non esiste e che è soltanto una speranza, un futuribile, una proiezione, un’attesa, quella che la ricerca sulle cellule staminali possa produrre quelle strategie terapeutiche che possano risolvere la stragrande maggioranza delle patologie odierne. Insomma, una vera e propria PANACEA.

Il parallellismo con un’autentica rivoluzione scientifica viene proposto attraverso le parole del preside della facoltà di Medicina di Harward (viene cioè invocato a supporto l’argomento d’autorità): le terapie che ne deriveranno “è probabile che potranno fare per le malattie degenerative quello che gli antibiotici hanno fatto per le infezioni”. Anche quest’affermazione trova la sua verità nel contesto teoretico della medicina molecolare: in linea teorica, in effetti, sarebbe possibile impiegare cellule staminali indirizzandone selettivamente il differenziamento (cioè la trasformazione) nei tipi cellulari desiderati in modo da supplire determinate funzioni biochimiche perse o deficitarie in soggetti patologici.

Masserenti afferma poi che anche la politica ne è consapevole e annovera le richieste sottoscritte da numerosi parlamentari americani favorevoli alla ricerca su cellule staminali.
Purtroppo però si sta facendo di tutta un’erba un fascio, come si dice. Infatti, non viene specificato se si sta parlando di ricerca su cellule staminali adulte o embrionali, il cui divario applicativo ed etico è notevole e scientificamente provato (come dimostrerò in seguito).

Concluso questo primo paragrafo l’autore afferma un principio chiave per capire la mentalità soggiacente sia alla copertina “cauta” e assolutamente priva di pregiudizi del libro, che al contenuto dei capitoli seguenti: “il realizzarsi o meno di queste profezie” (afferma Masserenti attribuendo alla ricerca sulle cellule staminali in generale carattere profetico, cosa che per il momento non ha, dato che ancora non si possiedono risultati tangibili che possano nella clinica supportare tale definizione) “dipenderà inanzitutto da due elementi: il potere reale di quelle cellule e la creatività (e libertà) dei ricercatori”.
Ecco così i due pilastri: l’effettiva capacità terapeutica delle cellule staminali da una parte, e la libertà dei ricercatori dall’altra.

Siamo così a pagine 6. L’autore segue con la sua vena moralistica quando afferma che non bisogna cercare di ingabbiare in schemi e restrizioni morali la creatività dei ricercatori e che, senza fondati argomenti, si impedisca loro una libera espressione.

Bisognerebbe a questo punto fiutare qualcosa che non va. Cosa intende Massarenti con “libertà dei ricercatori”? Cosa vuol nascondere dietro la bella parola “creatività” degli scienziati? Lo scopriremo poco a poco, ma anticipo che l’autore propugna lungo il testo un’assolutizzazione della sacrosanta libertà di ricerca fino al punto che nessuna ingerenza etica, che non derivi dalla scienza empirica stessa, possa frapporsi nel guidare lo scienziato nelle sue linee di ricerca.

Segue Massarenti: “al tempo stesso però cerchiamo, in quanto cittadini responsabili, di non avere un atteggiamento acritico verso ciò che ci viene proposto” dall’ambito scientifico. Certamente l’autore di questo libro non può essere accusato di essere acritico, basti osservare, anche di sola sfuggita, la copertina dell’opera: è tutta una magistrale critica piena di pregiudizi infondati!

Dal terzo paragrafo Massarenti rivela la sua vera e propria battaglia culturale: quella dell’univoca bandiera delle cellule staminali embrionali! Ecco come la presenta: “non meno importante è un terzo fattore. L’insieme delle decisioni relative alle regole, alle leggi, alle politiche dei finanziamenti che i governi sapranno prendere” e prosegue criticando la decisione del presidente Bush di restringere il finanziamento pubblico alla ricerca sulle cellule staminali definendola: “politica schizofrenica”. Certo, sorprendono queste “sparate” dell’autore che nemmeno una pagina prima parlava di “cautela”... ora invece “spara a zero”. Così i suoi “nemici della scienza” iniziano ad avere un volto: è George Bush, ma sono anche tutti coloro che liberamente si dichiarano contrari alla ricerca sulle cellule staminali embrionali (soltanto con quelle embrionali! senza distinzioni, né cautele).  

Massarenti finge di ricordare che, volente o nolente, l’utilizzo di embrioni umani quali meri mezzi (oggetti di ricerca) pone questioni etiche non indifferenti, perlomeno alla stragrande maggioranza di quei “cittadini ragionevoli” a cui ci riferivamo prima. Perciò, è lecito, anzi, doveroso, moralmente e secondo giustizia che i soldi dei contribuenti che non sono favorevoli a tali distruzioni scellerate di esseri umani non vengano impiegati pubblicamente. La scelta di Bush è doverosissima in uno stato di diritto, cosa che prude agli intolleranti scientisti o ai paladini di una libertà di ricerca che diviene l’assoluto che si erge al di sopra della morale e dell’etica, oltre che del diritto e della giustizia.

Masserenti inizia a “sparare a zero” sulle politiche italiane (insomma, sul piatto in cui mangia!) ed afferma: “se la posta in gioco è alta” (la possibilità di eliminare enormi sofferenze) “appaiono davvero esili le argomentazioni a favore dei divieti alla ricerca incentrate sulla personalità dell’embrione”. Insomma, il pensiero dell’autore potrebbe essere così meglio chiarito: per provare ad eradicare la sofferenza di persone affette da malattie al momento incurabili è un bene utilizzare embrioni umani distruggendoli, ovviamente per scopi scientifici, cioè nobili.

Forse al "filosofo" Masserenti mancano alcuni principi logici, anche se lo dubito, piuttosto aderisce a quella sofistica contemporanea così radicata nella mentalità di tanti. In effetti bisogna ricordare che la scienza medica, la biologia, l’embriologia dello sviluppo, la medicina molecolare hanno riconosciuto l’embrione quale essere umano unico e irripetibile. Centinaia di studi scientifici, ricapitolati nel classico libro di testo Developmental Biology (capitolo 7, pagina 254) di Scott F. Gilbert, affermano, senza ombra di dubbio (per cui il “in dubiis libertas” proposto dall’autore pi+u avanti a pagina 54 non funziona!), che: “con la fertilizzazione inizia un nuovo organismo vivente”.

Massarenti vuol essere talmente CAUTO da voler eliminare esseri umani a migliaia per vedere se le cellule staminali embrionali avranno qualche futura applicazione terapeutica! Insomma, evviva la cautela!

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